Ai piedi del Monte Vettore, il borgo di Montegallo è stato edificato nel VII secolo col nome di Castello di Santa Maria in Gallo nella forma di un castello arroccato. Sin dal Medioevo ha rappresentato un luogo sicuro e inaccessibile in cui rifugiarsi, radunando fino al Cinquecento gli abitanti dell’intera valle dell’Aso.
Oggi il territorio di Montegallo si estende su un’area molto ampia e diversificata, fatta di frazioni, gruppi di case e chiese isolate. Il capoluogo del comune è situato nella frazione di Balzo, attorno alla quale sono sparse le 23 frazioni che insieme compongono il paese di Montegallo.
Ad Uscerno, un’altra delle frazioni, nello stabile denominato “Le Casette”, dal 2005 è visitabile il Museo di arte contadina, una piccola esposizione degli oggetti e strumenti da lavoro più rappresentativi della vita di una famiglia contadina di montagna.
Nascoste nell’alta campagna compaiono poi due piccoli gioielli, le due chiese farfensi di Santa Maria in Lapide e Santa Maria in Pantano.
La chiesa di Santa Maria in Lapide si trova lungo il corso del torrente Rio, principale affluente del Fluvione. Si tratta di una chiesa antichissima, appartenuta ai farfensi, con pianta a croce latina priva di abside e a navata unica. Percorrendo il sentiero che conduce nel bosco situato nei pressi della chiesa si raggiunge un’edicola, chiamata “lapide”, che ricorda il punto in cui passava la vecchia strada che conduceva alla chiesa.
Santa Maria in Pantano è una piccola chiesa immersa nel bosco: potete raggiungerla solo a piedi, dalla frazione Balzo dopo 30-40 minuti di cammino, a 1.159 metri d’altitudine.
La prima costruzione della chiesa risale al 780 d.C. ed è nota anche col nome di “Santa Maria della Sibilla”, poiché al suo interno conserva affreschi seicenteschi che, oltre ad episodi evangelici e mariani, raffigurano quattro sibille, ulteriore testimonianza del peso rivestito dai miti e dalle leggende in questo territorio. Il ciclo, realizzato da Martino Bonfini, nell’affiancare le Storie della vita di Maria alle figure delle sibille, rimanda, con molta probabilità, all’antica leggenda secondo cui la Sibilla Appenninica avrebbe peccato di superbia nel credersi la vergine destinata a partorire il figlio di Dio.